Riforma prescrizione in vigore: cosa prevede e cosa cambia
La Riforma della prescrizione ha preso il via, nonostante la spaccatura della maggioranza. A partire dal 1° gennaio 2020 stop ai termini di prescrizionali dopo la sentenza di primo grado. Ecco quali sono le novità e cosa cambia rispetto al passato.
La Riforma della prescrizione del Ministro Bonafede è ormai operativa, come originariamente previsto. Gli scioperi dei giudici e degli avvocati e l’opposizione di parte del Governo non sono serviti a frenare la proposta che a partire dal nuovo anno blocca i termini prescrizionali dopo la sentenza di primo grado, che sia di assoluzione o di condanna.
Per il Movimento 5 Stelle, sostenitore della modifica, la riforma consentirebbe agli imputati maggiori garanzie contro i tempi dilatati della Giustizia, secondo gli oppositori, invece, non farebbe altro che allungare ancor di più la durata dei processi.
Visti gli ancora molti punti oscuri della riforma, martedì 7 gennaio 2020 ci sarà un nuovo vertice per appianare i litigi delle parti politiche e cercare una soluzione di compromesso. Vediamo cosa prevede il testo e come mai è così contestato.
Riforma della prescrizione in vigore: cosa cambia
Il nuovo anno porta con sé grandi novità per il processo penale: la riforma della prescrizione voluta dai Cinquestelle è operativa dal 1° gennaio 2020 e nonostante la sua entrata in vigore non cessa l’opposizione delle altre forze politiche. Il testo della riforma recante il titolo Misure per il contrasto dei reati contro la pubblica amministrazione, nonché in materia di prescrizione del reato e in materia di trasparenza dei partiti e movimenti politici venne pubblicato in Gazzetta Ufficiale lo scorso 16 gennaio 2020, ed entra in vigore dopo un anno di proroga.
La novità di maggiore impatto è l’interruzione dei i termini di prescrizione dopo la sentenza di primo grado, sia in caso di assoluzione che di condanna; Per Bonafede re gli altri sostenitori del testo questo servirà ad evitare che le lungaggini della Giustizia penale provochino la prescrizione dei reati, lasciando i colpevoli impuniti.
Tuttavia per molti si tratta di una previsione inutile, dannosa e addirittura incostituzionale, dal momento che:
- non riduce i tempi troppo lunghi delle indagine dei p. (causa principale dell’eccessiva durata dei tempi della giustizia);
- rende eterni i processi successivi a quello di primo grado perché, dopo che il reato cade in prescrizione, si perderebbe l’interesse a procedere con un secondo grado di giudizio.
In altre parole, quella che per alcuni è una garanzia di punibilità, per altri è un tentativo maldestro con notevoli conseguenze sul piano pratico. Secondo la disciplina attualmente in vigore, la prescrizione dei reati inizia a decorrere dal giorno in cui il fatto è stato commesso e non si blocca quando il giudice o il pm emettono i provvedimenti per assicurare il reo alla giustizia, cosa che invece accade ai termini di prescrizione in ambito civile. La Riforma di Bonafede, invece, andrebbe ad introdurre anche per il penale lo stop alla decorrenza dei termini. In ogni caso la nuova disciplina sarà nuovamente messa in discussione il 7 gennaio 2020, data in cui è stato fissato un vertice per appianare le liti trai partiti politici e cercare una soluzione di compromesso tra le parti, cosa che, almeno per il momento, sembra essere lontana.
Riforma della prescrizione: gli effetti sugli uffici giudiziari
Naturalmente sui possibili effetti della riforma possiamo parlare solo in termini probabilistici ed eventuali. Ma le prospettive non sono affatto positive.
Senza dubbio gli effetti del blocco della prescrizione avranno conseguenze diverse in base alla percentuale di archiviazione per prescrizione delle varie Corti distribuite sul territorio nazionale. Facciamo degli esempi. A Catania questa percentuale è del 37,8% contro il 36% di Roma e 10% di Milano.
Per molti giuristi, in primis per Eugenio Albamonte, ex presidente dell’Associazione nazionale magistrati, il blocco della prescrizione non basterà ad assicurare il legittimo andamento della giustizia e a salvare quanto stabilito in primo grado. Occorrerebbe anche rafforzare i riti alternativi, depenalizzare molti reati ed aumentare le risorse.
Si stima che lo stop della prescrizione metterà seriamente a rischio l’efficienza di molti uffici giudiziari, i quali si troveranno ad avere circa 30 mila procedimenti in più ogni anno, e l’esito ovviamente sarà ancor più pesante sulle Corti oberate da un maggior numero di prescrizioni, con l’alta possibilità che anche i tempi dei processi ne risulterebbero allungati.
In questo clima di confusione sulla prescrizione si inserisce anche la protesta degli avvocati contro il Ministro Bonafede, infatti ne chiedono le dimissioni; ecco il perché.
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